Premessa
Ai sensi dell’art. 41, comma 1, lett. a), DL n. 331/93, le cessioni di beni effettuate da operatori italiani nei confronti di operatori UE sono considerate operazioni non imponibili IVA in quanto alle stesse è applicabile il regime di tassazione nello Stato UE di destinazione dei beni.
Affinché l’operazione possa considerarsi “intraUE”, è necessario che sussistano i seguenti requisiti:
1. onerosità dell’operazione;
2. destinazione dei beni in un altro Stato UE;
3. soggettività passiva dell’acquirente in un altro Stato UE (o ivi identificato).
In mancanza di tali elementi la cessione (acquisto) è imponibile nello Stato in cui i beni esistono (e non in quello di destinazione).
Il cedente deve essere in possesso di adeguate prove documentali in grado di attestare che i beni oggetto della cessione siano stati effettivamente trasferiti in un altro Stato UE.
Ai sensi dell’art. 50, comma 1, DL n. 331/93 le cessioni intracomunitarie possono essere effettuate senza applicazione dell’IVA nei confronti di operatori che abbiano comunicato il proprio numero di identificazione attribuito dallo Stato UE di appartenenza. Va sottolineato che l’applicazione del regime IVA sopra accennato è subordinata altresì all’iscrizione dell’operatore italiano (cedente) e di quello UE (acquirente) nel VIES. Infatti ai sensi dell’art. 35, DPR n. 633/72 i soggetti che intendono effettuare operazioni UE, devono ottenere una specifica autorizzazione dall’Agenzia delle Entrate a seguito della quale avviene l’iscrizione in un apposito archivio, c.d. VIES.
Come evidenziato dall’Agenzia nella Circolare 1.8.2011, n. 39/E, dalla mancata iscrizione al VIES deriva:
• “il venire meno della possibilità di effettuare operazioni intracomunitarie e di applicare il regime fiscale loro proprio”;
• che l’operatore “non può essere considerato come soggetto passivo IVA italiano ai fini dell’effettuazione di operazioni intracomunitarie”.
Le fatture relative alle cessioni di beni intraUE rese da un operatore italiano nei confronti di un operatore UE devono:
• essere emesse in forma cartacea, in duplice esemplare, o in forma elettronica, al momento di effettuazione dell’operazione;
• riportare il numero di identificazione ai fini IVA dell’acquirente nello Stato UE di appartenenza;
• essere numerate progressivamente;
• contenere l’indicazione, in luogo dell’ammontare dell’imposta, che trattasi di “Operazione non imponibile art. 41, DL n. 331/93 – inversione contabile (o reverse charge)”.
Concentriamo ora la nostra attenzione sulla condizione dell’effettiva movimentazione del bene, con partenza da uno Stato membro ed arrivo in altro Paese della UE, e sulle difficoltà che gli operatori economici incontrano quotidianamente nel dimostrare il trasferimento dei beni da un Paese comunitario all’altro.
Risoluzione 28.11.2007 n. 345/E
L’Agenzia delle Entrate nella Risoluzione 28.11.2007, n. 345/E, richiamando la giurisprudenza comunitaria (sentenza Corte di Giustizia UE, 27.9.2007, causa C-146/05), ha evidenziato che “spetta agli Stati membri stabilire quali siano i mezzi di prova idonei che il contribuente è tenuto a fornire per dimostrare l’effettività delle cessioni intracomunitarie e, in particolare, l’invio dei beni ad un soggetto identificato ai fini IVA in altro Stato membro”.
Tale discrezionalità è limitata soltanto al rispetto dei principi generali comunitari relativi alla neutralità dell’imposta, alla certezza del diritto e alla proporzionalità delle misure adottate.
Nella citata Risoluzione n. 345/E, l’Agenzia, dopo aver sottolineato che l’invio dei beni in un altro Stato UE è “elemento costitutivo” della cessione intraUE, “in assenza del quale non può considerarsi legittima l’emissione di una fattura senza applicazione dell’imposta”, ha specificato che l’operatore italiano è tenuto a conservare:
• fattura di vendita all’acquirente comunitario;
• gli elenchi riepilogativi relativi alle cessioni intracomunitarie effettuate (modd. INTRA 1);
• un documento di trasporto “CMR” firmato dal trasportatore per presa in carico della merce e dal destinatario per ricevuta;
• rimessa bancaria dell’acquirente relativa al pagamento della merce.
In seguito alla pubblicazione della predetta risoluzione, i verificatori hanno preteso sistematicamente da parte di tutti i soggetti passivi di imposta nazionale, andando oltre lo spirito del documento sopra citato, l’esibizione, a fronte di ciascuna transazione intracomunitaria, dei CMR firmati e timbrati per ricevuta dai destinatari, oltre alla restante documentazione elencata nella risoluzione. In alcuni casi le verifiche si sono estese alle transazioni intracomunitarie effettuate negli ultimi 5 anni con la richiesta sistematica agli operatori dell’esibizione di tutti i documenti internazionali di trasporto debitamente vistati per ricevuta a destino e dal trasportatore per avvenuta presa in carico. Naturalmente ben pochi operatori sono stati in grado di mostrare i documenti richiesti in quanto praticamente nessuna azienda ha mai impostato una procedura di ritorno dei CMR timbrati e firmati dai propri clienti. La conseguenza di tali richieste si è tradotta in taluni casi nella rivendicazione dell’IVA da parte dei verificatori e nell’applicazione della sanzione da 1 a 2 volte la medesima imposta in quanto, venendo meno un requisito essenziale della transazione intracomunitaria, l’operazione doveva ritenersi quale cessione nazionale da assoggettare ad IVA.
C) Risoluzione 15.12.2008 n. 477/E
Preso atto delle difficoltà che il cedente incontra a recuperare i CMR timbrati e firmati dal cliente quando la vendita viene effettuata con la clausola “franco fabbrica”, con quest’ultima risoluzione l’Agenzia delle Entrate ha precisato che l’indicazione del CMR quale documento di prova del trasporto dei beni in un altro Paese U.E. (come precisato nella risoluzione 345/E del 2007) va intesa a titolo meramente esemplificativo e che la prova di tale trasferimento può essere fornita con qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che le merci sono state inviate in altro Stato membro.
Evidentemente il tono di quest’ultima risoluzione ammorbidisce gli obblighi e gli oneri a carico delle imprese nazionali permettendo loro di provare l’avvenuto spostamento fisico dei beni con “qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che le merci sono state inviate in altro Stato membro”, non imponendo dunque più necessariamente l’esibizione del CMR vistato e timbrato per ricevuta dal destinatario.
D) Altri documenti idonei
1) Cessioni con trasporto pagato dal cedente nazionale
Nell’ipotesi in cui il cedente nazionale gestisca il trasporto nei confronti del proprio cliente U.E. con un vettore di propria fiducia (indipendentemente dalla modalità di trasporto impiegata: camion, aereo, nave, ferrovia, groupage, corriere espresso) che provvederà ad emettere fattura nei confronti del soggetto passivo nazionale, sarà proprio quest’ultimo documento che permetterà di dimostrare l’avvenuto spostamento dei beni. Riteniamo, infatti, che se l’operatore nazionale è in grado di esibire una fattura di trasporto, debitamente pagata, emessa dal corriere, che dettagli il viaggio intracomunitario eseguito, questa possa senza dubbio costituire prova certa dell’avvenuto spostamento delle merci. Purtroppo questa soluzione non è frequente in quanto la maggior parte degli operatori nazionali è solito effettuare le proprie cessioni intracomunitarie vendendo con la clausola “franco fabbrica” e quindi disinteressandosi della scelta del vettore che viene pagato direttamente dal cessionario estero.
2) Cessione con trasporto pagato dal cessionario estero
E’ l’ipotesi più frequente. In questo caso vanno distinte le seguenti fattispecie.
a) Spedizioni a mezzo aereo, nave o treno
Se la spedizione delle merci avviene impiegando un aereo, una nave o un treno sarà il relativo documento internazionale di trasporto che permetterà di dimostrare l’avvenuto spostamento fisico dei beni. Ricordiamo al riguardo che la Bill of Lading (nave), l’Air Way Bill (aereo) e la lettera di vettura ferroviaria CIM (treno) sono tutti documenti che vengono sempre emessi a fronte di ciascuna spedizione. Anche se il cedente nazionale non paga direttamente il trasporto non dovrebbe essere particolarmente difficoltoso, per il tramite dello spedizioniere scelto dall’acquirente, tornare in possesso dei sopra citati documenti internazionali che danno sempre la certezza ai verificatori dell’avvenuto spostamento fisico delle merci. Ricordiamo, inoltre, che, in alternativa al documento internazionale di trasporto, l’operatore nazionale potrà sempre provare a recuperare copia del “manifesto di carico” sempre presente a bordo delle navi e degli aeromobili. Nel manifesto di carico il comandante della nave e/o dell’aereo annota tutte le merci che vengono caricate.
b) Spedizioni a mezzo camion completi
Se la spedizione avviene a mezzo camion con resa franco fabbrica, suggeriamo ai cedenti di emettere sistematicamente la lettera di vettura internazionale camionistica CMR anche se trattasi di documento non obbligatorio. Tale documento dovrebbe essere compilato dal vettore e semplicemente sottoscritto dal cedente nazionale, ma nulla vieta di invertire l’onere di compilazione e di predisporre quindi un documento internazionale di trasporto da far semplicemente sottoscrivere al vettore incaricato del ritiro. Operando in questo modo si ha la certezza dell’emissione del documento che potrebbe rivelarsi indispensabile al fine di dimostrare l’arrivo a destino delle proprie merci. Suggeriamo inoltre di richiedere sistematicamente ai destinatari delle merci di restituire, anche via mail, copia del CMR debitamente vistato per avvenuta ricezione. In alternativa si può richiedere al cliente di firmare e timbrare anche copia del DDT (documento di trasporto) emesso o della fattura di vendita, ma riteniamo che sia più semplice operare direttamente con i CMR.
Purtroppo anche l’ipotesi delle spedizioni con camion completi non rappresenta l’ipotesi più frequente per la maggior parte delle realtà aziendali soprattutto medio/piccole.
c) Spedizioni a groupage
E’ l’ipotesi più frequente in cui il cedente nazionale carica le proprie merci con quelle di altre aziende sullo stesso camion.
In tale contesto la lettera di vettura camionistica (CMR) viene emessa dal vettore all’atto della chiusura del mezzo di trasporto, quando cioè il camion ha terminato la “raccolta” delle merci dai vari mittenti nazionali. In questo caso i vari soggetti passivi di imposta nazionali avranno grandissime difficoltà a reperire i CMR delle proprie spedizioni in quanto non sapranno neppure, in molti casi, chi (nell’ipotesi di subappalto del trasporto) li ha emessi e dove sono stati emessi.
Al fine di non incappare nella presunzione di vendita nazionale con la conseguenza di dover assoggettare ad IVA la propria fattura e pagare le relative sanzioni, suggeriamo di dimostrare l’avvenuta consegna dei beni al destinatario presentando alternativamente o congiuntamente la seguente documentazione:
– DDT timbrato e firmato dal vettore per avvenuta presa in carico e dal destinatario per ricezione (previo avvertimento dei clienti);
– fattura timbrata e firmata dal destinatario per avvenuta ricezione;
– dichiarazione su carta intestata del destinatario di avvenuta ricezione delle merci di cui alla fattura numero … del giorno …
Riteniamo che i documenti sopra citati possano fare fede sino a prova contraria. Spetterà dunque alla pubblica amministrazione dimostrare eventualmente che la merce non è arrivata a destino e che le dichiarazioni dei clienti comunitarie non sono veritiere.
d) Spedizioni tramite corrieri espressi
Nel caso di spedizioni per mezzo di corrieri espressi riteniamo che la soluzione sia facilmente individuale nella “tracciabilità” della spedizione che ormai praticamente tutti i corrieri espressi sono in grado di garantire. I courriers permettono infatti di poter visualizzare sul loro sito internet la data, l’ora e la firma del soggetto che ha ricevuto le merci a destino. Suggeriamo pertanto agli operatori di “stampare” l’esito dell’avvenuta consegna dal sito del proprio corriere e di conservare tale prova per i successivi 5 anni. Riteniamo che in tal modo nessuno, fino a prova contraria, possa dubitare dell’avvenuta consegna dei beni nel Paese comunitario del cliente. La “stampa” dell’esito è necessaria in quanto la maggior parte dei corrieri non mantiene per 5 anni sul proprio sito l’esito della spedizione effettuata.