Le spese per sponsorizzazioni rientrano tra le spese di pubblicità e, come qualunque altra spesa, sono deducibili solo se inerenti all’attività dell’impresa.
L’art. 108 comma 2 del TUIR stabilisce che le spese di pubblicità e di propaganda sono deducibili per intero nell’esercizio in cui sono state sostenute ovvero in quote costanti in quello stesso esercizio e nei successivi quattro.
Per consolidata giurisprudenza di legittimità, le spese di pubblicità di cui all’art. 108, comma 2, primo periodo del TUIR sono soltanto quelle finalizzate alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque dell’attività svolta, al fine di ottenere un incremento, più o meno immediato, delle vendite (Cass. 15.4.2011 n. 8679, Cass. 7.8.2008 n. 21270, Cass. 27.6.2008 n. 17602).
Il nesso di inerenza è, quindi, ravvisabile nella potenzialità della sponsorizzazione a generare maggiori ricavi in favore dello sponsor. Ne consegue che le spese di sponsorizzazione devono recare quel nesso logico tra l’attività dello sponsor e la promozione che le rende idonee ad incidere positivamente sui ricavi aziendali e non solo eventualmente sull’immagine complessiva dell’impresa, con onere probatorio a carico del contribuente (Cass. 27.4.2012 n. 6548).
Dalla recente giurisprudenza della Suprema Corte emerge, quindi, che, nell’ipotesi in cui non vi sia alcun nesso tra l’attività sponsorizzata e quella posta in essere dallo sponsor, le relative spese non possono essere considerate di pubblicità, e come tali integralmente deducibili, ma devono ritenersi spese di rappresentanza soggette ai limiti previsti dall’art. 108, comma 2, secondo periodo del TUIR (Cass. 5.3.2012 n. 3433).
Sono state considerate di rappresentanza le spese sostenute da una società che, pur operando in ambito prevalentemente europeo e mondiale, aveva sponsorizzato «una modesta realtà dilettantistica locale», senza dimostrare il rapporto funzionale con il mercato di sbocco dei prodotti e l’idoneità della sponsorizzazione «a condizionare le scelte economiche di una cerchia significativa di potenziali clienti» (Cass. 30.12.2014 n. 27482 e Cass. 27.5.2015 n. 10914).
Per evitare che la spesa sia qualificata come erogazione liberale, va dimostrata l’effettività del servizio reso. È necessario che lo sponsor acquisisca la documentazione della prestazione (contratto scritto, foto, depliants, video). Tocca al contribuente provare che il costo è inerente, cioè connesso all’attività d’impresa in senso ampio (Cassazione 14252/2014).
Oltre a riferirsi ad una prestazione realmente effettuata, è necessario che la spesa sia congrua, cioè adeguata alle dimensioni dell’impresa secondo il principio invalso in giurisprudenza per il quale i costi sproporzionati comportano la negazione della deduzione in quanto antieconomici e irrazionali (Cass. 15.4.2013 n. 9036, Cass. 27.3.2013 n. 7701).
Sponsorizzazione dello sport dilettantistico
L’art. 90 comma 8 L. 289/2002, prevede che le erogazioni, fino all’importo di euro 200.000, effettuate in favore di società o associazioni sportive dilettantistiche costituiscono spese di pubblicità se sono dirette a promuovere l’immagine o i prodotti del soggetto erogante.
Come evidenziato dalla prassi ministeriale (Circ. 22.4.2003 n. 21 e Ris. 23.6.2010 n. 57), la norma introduce una presunzione assoluta in ordine al carattere pubblicitario delle predette erogazioni, dal quale consegue l’integrale deducibilità ai sensi dell’art. 108 comma 2 primo periodo del TUIR. Unica condizione è che le prestazioni pubblicitarie siano effettivamente eseguite, mentre non è necessario dimostrare che dalla predetta attività pubblicitaria possa derivare un incremento del fatturato aziendale.
La predetta tesi è sostenuta anche da una parte della giurisprudenza di merito (CTP Pisa 30.5.2014 n. 423, CTP Novara 18.9.2015 n. 267) secondo la quale, entro l’importo di euro 200.000, l’Agenzia delle Entrate non può opinare che l’attività di sponsorizzazione svolta dall’ente sportivo rappresenti una spesa di rappresentanza anziché di pubblicità, giacché la presunzione assoluta non ammette prova contraria in virtù dell’art. 2728 comma 2 c.c .
Altra parte della giurisprudenza di merito (CTP Firenze 28.7.2014 n. 969/6/14) sostiene, invece, che anche per la deducibilità di dette spese è necessario che sussistano gli ordinari requisiti di deduzione dei costi, tra cui quello dell’inerenza tra rapporto contrattuale pubblicitario e attività economica del contribuente, il quale pertanto dovrà dimostrare che dalla prestazione pubblicitaria avrebbe potuto derivare, seppure in via potenziale, un incremento del fatturato.
Sul punto si attende il giudizio definitivo della Corte di Cassazione.
Lo Studio rimane a disposizione per eventuali chiarimenti.
Cordiali saluti.
SGB & Partners – Commercialisti