La problematica IVA degli stampi nei rapporti con l’estero si verifica quando un’impresa italiana stipula con un committente estero (UE o extra-UE) un contratto d’appalto per la realizzazione di beni sulla base di specifiche tecniche indicate dal committente stesso.
In questi casi non siamo di fronte ad una produzione in serie ma alla realizzazione di beni su misura per il cliente; per questo motivo, in questa particolare tipologia di contratti è normalmente prevista la realizzazione di stampi creati ad hoc per la specifica produzione.
Col termine stampi si ricomprendono tutte le tipologie di beni realizzati specificamente per essere utilizzati nel processo di fabbricazione del prodotto finale quali, ad esempio, modelli, forme o altri attrezzi strumentali
Nei contratti stipulati con committenti esteri, la fatturazione dei beni e degli stampi necessari per produrli segue regole IVA particolari, che è opportuno analizzare, partendo dall’accordo contrattuale stipulato tra le parti.
ACCORDI CONTRATTUALI RIGUARDANTI GLI STAMPI
Nella prassi operativa aziendale è possibile distinguere tra due diverse tipologie di accordi contrattuali riguardanti gli stampi a seconda di chi detiene la proprietà degli stessi.
Di proprietà del committente
Il fornitore realizza lo stampo e ne cede la proprietà al committente pur mantenendone la disponibilità fisica fino al termine del processo di fabbricazione dei beni: in questa ipotesi la proprietà dello stampo viene
ceduta prima dell’avvio della produzione prevedendo un corrispettivo specifico e distinto rispetto a quello pattuito per la vendita dei beni realizzati.
Di proprietà del fornitore
In questo caso, se il costo di realizzazione degli stampi non è assorbito dal corrispettivo pattuito per i beni prodotti, viene normalmente previsto un corrispettivo specifico a titolo di “contributo per lo sviluppo degli stampi” che però restano di proprietà del fornitore.
Dal punto di vista fiscale:
- nel primo caso, che è il più diffuso nella prassi commerciale delle imprese, la cessione degli stampi configura una normale cessione di beni;
- nel secondo caso, invece, l’orientamento più recente dell’Agenzia delle Entrate inquadra la fattispecie come prestazione di servizi
Considerata la sostanziale differenza di inquadramento fiscale tra le due fattispecie, risulta di fondamentale importanza regolamentare gli aspetti contrattuali relativi agli stampi con apposite clausole chiare e
p r eci se n el l’amb i to d el con tr atto d ’app alto (scri tto ) p er l a r eali zz azi one dei beni. Purtroppo, invece, è diffusa la prassi di regolamentare la gestione commerciale degli stampi in p oc h e ri gh e sp esso al l ’i n ter no di
u n semp li ce or d in e/co n fer ma d ’o r di n e.
Esaminiamo ora nel dettaglio il trattamento IVA degli stampi ceduti a committenti esteri, distinguendo tra l’ambito comunitario e quello extracomunitario, ed evidenziandone le criticità.
STAMPI CEDUTI A COMMITTENTI COMUNITARI
La cessione di beni realizzati in Italia sulla base di un contratto di appalto stipulato con un committente comunitario è inquadrabile come una normale cessione intracomunitaria non imponibile ai sensi dell’art. 41 comma 1 lett. a), D.L. n. 331/93.
Ai fini della non imponibilità devono sussistere tutte le condizioni previste dalla norma:
- l’onerosità della cessione;
- la soggettività passiva Vies delle controparti;
- la prova della consegna nella UE.
Con riferimento agli stampi, l’aspetto problematico sta nel fatto che:
- la fattura di vendita viene normalmente emessa all’inizio del processo produttivo;
- la spedizione all’estero normalmente avviene mesi (se non anni) dopo l’emissione della fattura di vendita e cioè al termine del processo produttivo in cui gli stampi vengono
Occorre quindi chiedersi se, con riferimento agli stampi, sia possibile emettere la fattura non imponibile art. 41 D.L. 331/93 come una normale cessione intracomunitaria seppur in mancanza della consegna (immediata) all’estero.
La questione è ancor più delicata nei casi (molto frequenti nella prassi operativa aziendale) in cui la spedizione all’estero dello stampo non avviene nemmeno al termine della produzione; tale circostanza può comunemente verificarsi per i seguenti motivi:
- lo stampo può essere andato distrutto o divenuto inutilizzabile a causa dell’impiego nel processo produttivo;
- la spedizione all’estero dello stampo risulterebbe antieconomica a causa dei costi di trasporto troppo elevati;
- il cliente estero, proprietario dello stampo, non ha alcun interesse ad entrarne in possesso e quindi non ne richiede la
La questione è stata affrontata e risolta dal Ministero delle Finanze nella Circolare n. 13 del 23 febbraio 1994 laddove è stato chiarito che la fattura per la vendita dello stampo potrà essere emessa non imponibile art. 41
- 331/1993 (cessione intracomunitaria) alle seguenti condizioni:
- tra il fornitore nazionale e il cliente comunitario deve essere stipulato un unico contratto d’appalto (scritto) avente ad oggetto sia la realizzazione dello stampo sia la fornitura dei beni che con esso si producono;
- lo stampo, “a fine lavorazione”, deve essere inviato fuori del territorio
L’invio dello stampo all’estero “a fine lavorazione” non è una condizione imprescindibile per l’applicazione della non imponibilità prevista per le cessioni intracomunitarie.
Infatti, nella Circolare citata ammette che la non imponibilità resta applicabile anche se:
- lo stampo in conseguenza dell’ordinario processo di produzione è divenuto inservibile;
- lo stampo “a fine lavorazione” viene distrutto in base ad uno specifico accordo
Ovviamente tali ultime due circostanze dovranno essere opportunamente documentate in caso di richiesta da parte
dell’A mministrazione Finanziaria.
Negli elenchi Intrastat, se il corrispettivo dello stampo viene autonomamente addebitato in fattura, si compila il modello Intra-1-bis ai soli fini fiscali, con riferimento al periodo di registrazione della fattura (anche se lo stampo non è stato ancora spedito nella UE), mentre, agli effetti statistici, il valore dello stampo va proporzionalmente aggiunto a quello delle singole forniture.
Riassumendo, secondo il Ministero delle Finanze la non imponibilità degli stampi è legata alla circostanza che “a fine lavorazione” si verifichi una delle seguenti ipotesi:
- lo stampo viene inviato all’estero;
- lo stampo viene distrutto;
- lo stampo è divenuto
COSA SI INTENDE PER “FINE LAVORAZIONE”
Su questo concetto l’Amministrazione Finanziaria non si è mai espressa ufficialmente.
A colmare il vuoto interpretativo è intervenuta la Cassazione sentenza 20 novembre 2015 n. 23761 affermando il seguente principio di diritto: ai fini della non imponibilità IVA, l’invio all’estero degli stampi (modelli, forme, stampi od altri attrezzi strumentali al procedimento di fabbricazione del prodotto finale) deve avvenire al termine del rapporto contrattuale avente ad oggetto la loro realizzazione e non anche al termine di eventuali distinti e successivi contratti stipulati dalle stesse
parti, anche se aventi ad oggetto la fornitura di ulteriori beni della stessa specie da ottenere mediante l’utilizzo dei medesimi stampi.
Dunque per la Cassazione la circostanza che le stesse parti stipulino successivi contratti che comportano l’utilizzo degli stessi stampi è del tutto irrilevante ai fini della non imponibilità IVA che resta unicamente legata alla verifica della circostanza che lo stampo lasci il territorio dello Stato (o venga distrutto) al termine del primo rapporto contrattuale che ne ha previsto la realizzazione.
L’interpretazione è chiaramente volta a tutelare le esigenze dell’Erario di non rinviare sine die il verificarsi delle condizioni per la non imponibilità IVA.
È evidente, infatti, che, a fronte dell’emissione della fattura per la vendita degli stampi senza IVA nell’anno X, in alcuni casi il periodo di accertamento (X+5) potrebbe decadere prima del termine del rapporto commerciale che prevede l’utilizzo degli stessi stampi, impedendo di fatto all’Amministrazione Finanziaria di poter constatare le condizioni per la non imponibilità IVA (invio all’estero, distruzione, inservibilità).
Ciò detto, il suddetto principio di diritto enunciato dalla Cassazione si rivela estremamente penalizzante per le imprese che operano in settori economici che producono su commessa (fonderie, acciaierie e componentistica in generale), posto che:
- dal punto di vista commerciale è irragionevole e antieconomico per entrambe le parti del contratto d’appalto prevedere l’invio degli stampi all’estero al termine del primo ciclo di produzione in presenza di un rapporto commerciale ancora aperto e potenzialmente foriero di successivi ordini;
- la conservazione dello stampo da parte dell’impresa fornitrice italiana costituisce una garanzia del mantenimento dei rapporti commerciali col committente estero, che, in caso di nuovi ordini degli stessi beni, si rivolgerà “obbligatoriamente” al fornitore che detiene lo In pratica, in ambito commerciale è possibile sostenere che detenere lo stampo equivale a detenere il cliente.
In una logica economica che caratterizza normalmente le imprese che producono su commessa, gli stampi vengono inviati all’estero (o distrutti) solo al termine del ciclo produttivo, inteso come conclusione del rapporto commerciale col committente, ovvero al termine della sequenza di ordini per la produzione degli specifici pezzi realizzati con quello stampo. È solo questo il momento in cui diventa ragionevole (dal punto di vista economico) inviare gli stampi all’estero o provvedere alla loro distruzione.
È di tutta evidenza quindi che il principio di diritto espresso dalla Cassazione si tradurrà nell’obbligo da parte del fornitore italiano di addebitare l’IVA sulle cessioni di stampi a committenti esteri provocando un inevitabile danno economico ai settori interessati e una penalizzazione della competitività delle imprese italiane. Si tenga presente, infatti, che l’IVA italiana per un committente extra-UE è un maggior costo mentre in ambito comunitario il committente ha la possibilità di chiederne il rimborso.
Sarebbe stata auspicabile una diversa interpretazione, più pragmatica e razionale, volta a mantenere la non imponibilità IVA nella fatturazione degli stampi, pur in assenza di consegna all’estero o di distruzione degli stessi, fintanto che i rapporti commerciali col cliente estero per la produzione di quei beni specifici siano ancora aperti (anche solo potenzialmente) magari dimostrando tale circostanza con una dichiarazione scritta del cliente estero proprietario dello stampo.
Confidiamo in un cambiamento di indirizzo della Suprema Corte, magari sotto la “spinta” di un espresso parere dell’Amministrazione finanziaria.
STAMPI CEDUTI A COMMITTENTI EXTRACOMUNITARI
Si considerano cessioni di beni all’esportazione, non imponibili art. 8,
- 633/72, le vendite all’estero di beni realizzati in Italia in dipendenza di contratti di
Se il contratto d’appalto comprende la realizzazione e la vendita dei relativi stampi, la cessione degli stampi è non imponibile art. 8, D.P.R. 633/72, a condizione che, a fine ciclo produttivo, detti stampi vengano inviati al committente extra-UE e il relativo importo confluisca nel valore doganale di esportazione (R.M. 18 febbraio 1992 n. 500462).
Il principio di diritto espresso dalla Cassazione con la sentenza 23761/2015 è pertanto applicabile anche nei rapporti con committenti extra-UE: ai fini della non imponibilità IVA gli stampi devono uscire da territorio comunitario al termine del rapporto contrattuale che ne ha previsto la realizzazione.
Così come per gli appalti intracomunitari, l’obbligo di invio all’estero degli stampi al termine del ciclo produttivo può essere derogato in due casi:
- se lo stampo, in conseguenza dell’ordinario processo di produzione, è divenuto inservibile;
- se lo stampo, a fine lavorazione, viene distrutto in base ad uno specifico accordo contrattuale (e ne viene data prova).
STAMPI DI PROPRIETÀ DEL PRESTATORE ITALIANO
Esaminiamo ora la diversa ipotesi contrattuale in cui le parti si accordano affinchè la proprietà dello stampo resti in capo al fornitore italiano, pur essendo previsto un corrispettivo specifico a titolo di “contributo per lo sviluppo degli stampi”.
Questa casistica è stata affrontata dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 43/E del 06/08/2010 rispondendo al quesito di una società italiana produttrice di calzature che addebitava al proprio cliente inglese i costi di sviluppo degli stampi occorrenti per il campionario commissionato dallo stesso. L’Agenzia delle Entrate in tale occasione ha affermato che: “…lo sviluppo degli stampi per la fabbricazione di calzature richiesto dal cliente inglese configura l’esecuzione di una prestazione di servizio generica e, come tale, da includere nei modelli riepilogativi come servizio reso.”.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, quindi, la società italiana avrebbe dovuto fatturare al cliente inglese (soggetto passivo d’imposta iscritto al Vies) il contributo per lo sviluppo degli stampi come una prestazione di servizi generica non soggetta ad IVA ai sensi dell’art. 7-ter D.P.R. 633/72.
In questa ipotesi non ha alcuna rilevanza la consegna dello stampo al l ’ester o p er ch é n ell e p r est azi on i di ser vi zi tra so gget ti passivi IVA quest o r eq ui sito n on è ri ch i esto ai fi n i d ell a n on ap p li cazi on e d ell ’I VA ; ciò che rileva è unicamente la soggettività passiva del committente estero.
La risposta delle Entrate sembra in contraddizione con quanto affermato nella precedente Risoluzione del Ministero delle Finanze n. 186 del 17 agosto 1996 dove era stato affrontato il caso di una società operante nel settore della produzione di film plastici.
La società evidenziava come per la stampa dei film venissero utilizzati cilindri dotati di una sovra pellicola in metallo fotoincisa appositamente sulla base delle esigenze dei singoli clienti. Al termine di ogni commessa la sovra pellicola veniva automaticamente distrutta. Contrattualmente era previsto che il costo della sovra pellicola venisse addebitato al cliente
separatamente dal prezzo dei film prodotti a titolo di “contributo incisione cilindri”.
Ministero delle Finanze – Risoluzione n. 186 del 17 agosto 1996
“…a parere della scrivente, la fattispecie proposta non sembra rientrare nell’ipotesi di realizzazione di stampi, tenuto anche conto del fatto che la proprietà della sovra pellicola rimane alla società produttrice dei film.…Tanto premesso, si concorda con il parere di codesta Direzione Regionale sulla circostanza che nella base imponibile del film ceduto debbano essere ricompresi anche gli oneri concernenti l’incisione, in forza di quanto disposto dagli artt. 12 e 13 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Pertanto, a norma dell’art. 41 del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito con modificazioni dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, le predette cessioni sono da considerare non imponibili, in quanto effettuate nei confronti di cessionario soggetto d’imposta nel Paese CE di destinazione, a condizione che i film stampati siano spediti o trasportati in altro Stato membro dell’Unione europea.”.
In tale occasione, ai fini dell’inquadramento IVA, il “contributo incisione cilindri” è stato considerato un onere accessorio alla produzione dei film e come tale assoggettato alla non imponibilità prevista dall’art. 41 D.L. 331/93 per le cessioni intracomunitarie di beni.
Riepilogando, le due casistiche affrontate nei documenti di prassi sopra descritti sono accomunate dal fatto che in entrambi i casi la proprietà degli stampi non viene trasferita al committente estero pur essendo contrattualmente previsto un corrispettivo specifico per il loro sviluppo denominato, nel primo caso “contributo per lo sviluppo degli stampi” e nel secondo “contributo incisione cilindri”.
Le conclusioni sul trattamento fiscale dei due contributi sono però diverse:
- nel primo caso i costi di sviluppo degli stampi sono stati considerati una prestazione di servizi generica: il fornitore italiano emette fattura al committente estero soggetto passivo (UE o extra-UE) non soggetta a IVA ai sensi dell’art. 7-ter P.R. 633/72 (regola generale delle prestazioni di servizi internazionali) e in caso di committente comunitario, presenta il modello Intra-1-quater dei servizi resi, con riferimento al periodo di registrazione della fattura;
- nel secondo caso il “contributo incisione cilindri” è stato considerato un costo accessorio alla vendita dei beni realizzati da fatturare al committente estero soggetto passivo d’imposta come non imponibili 41, D.L. 331/93 (o art. 8 D.P.R. 633/72 se esportazione).
E’ preferibile l’interpretazione adottata nel primo caso (Circolare 06/08/2010 n. 43/E) di considerare i corrispettivi pagati dal committente estero per lo sviluppo degli stampi una prestazione di servizi generica non soggetta ad IVA alla sola condizione che il committente sia un soggetto passivo d’imposta (regola B2B).
CONCLUSIONI
Nel ribadire l’importanza di stipulare accordi scritti, chiari e precisi, sembra facile ipotizzare che, alla luce del recente principio di diritto espresso dalla Cassazione con la sentenza 23761/2015, le previsioni contrattuali sugli stampi si sposteranno dalla cessione della proprietà degli stessi orientandosi verso la fattispecie del “contributo per lo sviluppo”.